lunedì, dicembre 20, 2010

Esagramma 12 - Il Ristagno

Questo esagramma rappresenta una situazione di stasi nella quale i due estremi polari - lo Yin e lo Yang, il Cielo e la Terra - sono fuori rapporto, non comunicano fra di loro, non si uniscono. A ben riflettere il Cielo-Yang si trova in alto proprio per definizione, è la sua natura, è il suo posto, così come la Terra-Yin si situa naturalmente in basso, e questa è proprio la configurazione dell'esagramma n. 12: Cielo in alto, Terra in basso. Sembrerebbe, dunque, che le cose siano al loro giusto posto. Perchè allora si parla di stagnazione, di forze negative che avanzano, di impossibilità ad agire? Semplice: il movimento, la vita, si manifestano allorché c'è una disparità, una diversità, una molteplicità, una differenza di potenziale, una qualche forma di disordine. Sembra quantomeno strano affermarlo, ma è proprio così: se tutto è in ordine, se l'equilibrio è perfetto, allora c'è il rischio dell'immobilità, della stasi, del ghiaccio, della cristallizzazione, della morte. E' qui descritto l'autunno e il suo equinozio, il settimo mese dell'anno estremo-orientale, il momento in cui le forze del buio e della luce si equivalgono ma in senso decrescente, atonico, divergente: la vitalità annuale, naturale e agricola è esaurita e si va verso il freddo e la disgregazione. Gli opposti polari, il Cielo e la Terra, lo Yang e lo Yin, il maschio e la femmina, per produrre la vita devono poter operare una fusione, una conjunctio oppositorum, una reciproca integrazione: il Cielo deve poter andare in basso e la Terra in alto, lo Yang all'interno e lo Yin all'esterno, il mondo deve potersi capovolgere! Se invece essi rimangono distanti, al loro posto, se conservano le loro caratteristiche senza venirsi incontro, senza abbracciarsi, pur essendo tale distanza concettualmente corretta e giusta, ciò non risulta nè vitale nè produttivo, né si può parlare di reali pace ed armonia.

Il saggio cinese cui spesso allude del Libro dei Mutamenti, attento osservatore della natura e dei suoi cicli, trae spunto da tutto ciò per riflettere su questo tipo di situazioni e sul giusto modo di rapportarsi ad esse. Che cosa si può fare in un momento così, quando tutto è in una fase di stagnazione e, tutt'al più, le cose possono peggiorare, nel senso della disunione, della fine? Già comprendere che non si può fare nulla è un elemento di saggezza, come anche il non lasciarsi convincere ad accettare compromessi, ad intervenire, ricoprire incarichi, anelare a ricompense ed essere - insomma - coinvolti in un attivismo e un interventismo che non tiene conto delle circostanze. La giusta azione è la protezione del proprio cuore, del proprio ideale, il dimorare quietamente in sé stessi, il non disperdere inutilmente le forze, l'accettare il momento che si prospetta cercando di comprendere che cosa la vita vuole insegnare. Non si tratta di una resa alle circostanze, bensì di tirare i remi in barca e meditare, essere centrati e in grado di trarre il meglio anche dalle situazioni apparentemente improduttive - se non altro nel senso di un accrescimento della consapevolezza.

Il sei al primo posto osserva che, poiché le radici sono ancorate al suolo, insieme all'erba da strappare viene via anche la terra. Cioè, esistono delle connessioni - a volte nascoste e imperscrutabili - con la profondità della vita, con il "suolo" della nostra esistenza. Ogni nostra scelta coinvolge aspetti che magari non avevamo considerato, provocando ripercussioni più ampie e più profonde di quanto ci aspetteremmo. Per questo è così importante non compiere azioni fuori luogo nel momento del "ristagno", quando di solito è meglio attendere tempi migliori. Ogni eventuale movimento va accuratamente ponderato.

Il sei al secondo posto indica che l'uomo saggio è in grado di sopportare momenti avversi del destino senza rimanerne piegato e affrontare persone ostili senza esasperare la conflittualità. In questo modo anche la cose negative rivelano aspetti fruibili e nascoste opportunità.

Il sei al terzo posto: il ristagno non dura per sempre, nulla può rimanere in una condizione statica. Ad un certo punto si cominceranno ad avvertire i segnali di un cambiamento - come per una legge naturale.

Il nove al quarto posto: il saggio pensa, parla e agisce non soltanto per sé stesso, ma per motivi più ampi, per gli altri, per un ideale. In un certo senso, da questo punto di vista, egli è già fuori dal "ristagno" - anche soltanto per il fatto che vive la situazione in modo diverso e perciò è in grado di uscirne molto velocemente trasmutando il suo destino.

Il nove al quinto posto: l'ansietà è una delle cause che prolungano la nostra attesa e le nostre sofferenze in un momento difficile. E' necessario dubitare, chiedersi, mettersi in discussione, ma è altrettanto auspicabile la riappropriazione di una saldezza interiore, della fiducia in noi stessi e nelle circostanze.

Il nove al sesto posto: se nel momento di stasi, nella difficoltà, ci si è sforzati di rimanere saldi, fedeli a sé stessi e al "positivo" sia interiormente che nel comportamento, se non si è scesi a compromessi, non v'è dubbio che viene il momento della soluzione e della trasformazione. Tutto muta e, avendo il saggio conservato il corretto atteggiamento, tale mutamento non potrà essere che in meglio.


lunedì, settembre 06, 2010

Esagramma 56 - Il Viandante

In un certo senso, in questo mondo, siamo tutti dei viaggiatori, dei viandanti. Ogni nostra acquisizione è provvisoria, ogni percorso è temporaneo. Abbiamo, certamente, una profonda nostalgia dell'eterno, della stabilità, vogliamo una sicurezza definitiva che non possa essere mai messa in discussione. Portiamo nel nostro bagaglio di viandanti il rimpianto di qualcosa di permanente (una sensazione simile ad un ricordo o anche ad un'anticipazione) e lo custodiamo lungo il percorso dell'intera nostra vita - che invece ha tutti i caratteri dell'impermanenza, della transitorietà, dell'evanescenza, della mutevolezza. Il Libro dei Mutamenti sottolinea nell'esagramma 56 questo aspetto considerandolo una situazione specifica, anch'essa temporanea e soggetta a modificazione, e offre consigli a tutti i viaggiatori. In effetti la ricerca della patria perduta o della terra promessa è l'obiettivo di ogni pellegrino, di ogni nomade; l'anelito all'eterno è il nucleo principale di ogni religione; il recupero di una condizione di appagamento e di sicurezza analoga a quella provata nel ventre materno è lo scopo di ogni psicanalisi... Si potrebbe riflettere molto su questi temi, perché sono forse i principali dell'esistenza umana. Certo è che il viandante non può fondare sull'avere, sul possesso, perchè esso è illusorio ed evanescente. Può soltanto imparare a percepire l'essere, il sentirsi di esistere, indipendententemente da luoghi, beni e circostanze, perchè l'unica cosa che gli appartiene veramente è la consapevolezza di sé. Il resto è accessorio e non va esasperato, protratto, non si può fondare su di esso: ogni attaccamento dev'essere superato perché induce in errore, porta a dar valore a ciò che in sé non ne ha - perché transitorio. L'immagine dell'esagramma è quella del "fuoco" sul "monte": richiama la forza del vulcano, bellissimo e temibile a vedersi. E' la potenza della natura, della vita stessa, rispetto alla quale non possiamo pensare di avere sicurezze definitive che non possano essere spazzate via in un istante. Però il sacro terrore che si prova vedendo un vulcano in eruzione è anche intriso di sacralità, della percezione dell'infinito, dell'eterno, della legge Meravigliosa alla base dell'esistente - e ciò produce un brivido di profonda felicità, di mistico rapimento. La visione dell'I Ching suggerisce, quindi, che anche lo stato di incertezza e circospezione del viandante è transitorio: la consapevolezza dell'impermanenza può giungere a quella del permanente ed eterno, alla saggezza che consente di vedere l'Assoluto oltre il limite, la Legge Mistica al di là dell'aspetto fenomenico!
Il discorso delle singole linee dell'esagramma focalizza in sei situazioni i concetti espressi nella generalità del simbolo:
- la prima linea consiglia di discriminare con attenzione ciò che è accessorio nella propria vita e di non fondare su di esso.
- La seconda chiarisce che essere consapevoli della mutevolezza delle cose e degli eventi non significa fuggire, isolarsi dal mondo, anzi: esse possono costituire asilo temporaneo e, pur nella transitorietà, ristoro e aiuto; basta riconoscerne correttamente il valore.
- Viceversa la terza linea indica la facilità con la quale possiamo perdere ciò che crediamo stabile e il conseguente danno interiore derivante dall'attaccamento.
- La quarta linea sottolinea che, pur coscienti dell'impermanenza e consapevoli della necessità di non considerare stabile ciò che non lo è, il cuore non è libero, non è lieto. Naturalmente questa è soltanto una fase, perché la giusta visione delle cose è apportatrice di libertà e felicità.
- La quinta linea descrive un viandante che centra l'obiettivo, cioè raggiunge lo scopo che si prefigge l'intero esagramma: il giusto distacco dagli eventi, una consapevolezza della transitorietà che non è portatrice di timore o depressione ma di saggezza, un sereno e felice rapporto con le circostanze.
- La sesta linea ribadisce: non ci si può comunque fermare, non si può mai pensare di aver definitivamente acquisito qualcosa. Il nostro cammino è in evoluzione e, perciò, buona parte della sua realizzazione sta nell'essere sempre pronti a rimettersi in discussione.